Maria Monaci Gallenga (1880-1944), ambasciatrice ante litteram del made in Italy nel mondo, promotrice delle arti decorative, imprenditrice: è questa l’immagine che è emersa nella presentazione della mostra su di lei - Maria Monaci Gallenga. Arte e moda tra le due guerre - in corso alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. “Singolare e anticipatrice, fino agli Anni Trenta costruirà la propria storia imprenditoriale e artistica intorno all’idea di una “fusione” tra moda e arte decorativa.” (G. Raimondi)
Una storia fantastica la sua…
Una vicenda unica che ha le sue radici nell’appartenenza a una famiglia colta e di idee liberali che le permise di coltivare appieno le sue inclinazioni con grande successo.
Non solo inventò una tecnica di stampa in oro e argento su tessuti pregiati ma si dedicò alla costante promozione dell’arte decorativa e dei prodotti dell’artigianato italiano - per cui, fra l’altro, aderì al programma dell’Ente Nazionale per l’Artigianato e la piccola industria (E.N.A.P.I.) e costituì l’A.M.I.-Società Arte Moderna Italiana.
La partecipazione ad importanti mostre in cui si aggiudicò premi significativi le spalancò le porte del mercato europeo e americano.
Guidata sin da principio da uno spirito manageriale nel 1918 inaugurò a Roma, in Via Veneto 6, un negozio nello stesso tempo atelier e galleria d’arte in cui poteva presentare e vendere le sue creazioni e le opere degli artisti attivi in quegli anni nel campo delle arti decorative.
Il successo internazionale
La definiva consacrazione della presenza all'estero di Maria Monaci Gallenga fu l’apertura, nel 1926, a Parigi, in Rue Miromesnil, a seguito del successo riscosso dal suo padiglione all’Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Moderne (1925), della Boutique Italienne, spazio in cui poteva esporre e vendere “opere di arte pura e applicata” proponendo, accanto ai suoi modelli, le migliori espressioni dell’arte e dell’artigianato italiano.
Il consenso fu internazionale e la sua predisposizione imprenditoriale la spinse ad aprire negozi e a fondare filiali, intessendo una solida rete distributiva in tutto il modo: a Roma, a Firenze, ad Amsterdam, a Londra, a Bruxelles, a New York, a Boston, a San Francisco e in molte altre città.
Dalla piccola impresa familiare, che aveva avviato nel villino romano di Via Morgagni, alla presenza dei suoi abiti nelle collezioni museali più prestigiose il passo fu breve.
Disegnare abiti e stampare tessuti: le creazioni di Maria Monaci Gallenga
I suoi abiti senza tempo e le sue creazioni - scialli, borse, accessori, tessuti, arazzi, cuscini - realizzati in tessuti pregiati (velluti di seta neri, grigi, viola, arancio, azzurri, verdi e crespi di seta, crêpe de Chine e chiffon), decorati in modo raffinato ed esclusivo, conquistarono il mondo della nobiltà, dell’alta borghesia, della nascente arte cinematografica. Vestivano Gallenga le principesse Santa Borghese Hercolani e Livia Borghese Cavazzi, donna Franca Florio, Eleonora Duse e Francesca Bertini, solo per fare qualche nome.
La sua fama è, però, legata soprattutto all’invenzione di una particolare tecnica di stampa - segretissima e brevettata - in oro e argento sui tessuti che le valse grande apprezzamento e notorietà.
Questa tecnica consisteva nell’utilizzo di matrici di legno, particolari collanti, pigmenti metallici che permettevano alla stoffa di mantenere intatta la morbidezza. Con lo stampo - inciso a rilievo con forme animali e vegetali stilizzate - si applicava sul tessuto una colla che riproduceva il motivo decorativo scelto, quindi con un pennello si distribuivano sul lato positivo del disegno i colori in polvere, porporine d’oro e d’argento.
Per i temi decorativi la Gallenga si rifaceva essenzialmente a modelli medioevali e rinascimentali reinterpretati in chiave moderna o ai disegni realizzati per lei dagli artisti della sua cerchia.
Del resto in Italia, alla ricerca di un’identità nazionale, si fa continuo riferimento ai secoli d’oro della nostra cultura: a Milano la sarta Rosa Genoni espone abiti ispirati a quadri di Botticelli, Raffaello, Tiziano, a Roma Maria Gallenga fa altrettanto, coniugando modernità con tradizione, tanto che il suo marchio si ispira a Pisanello. Entrambe rivendicano il primato italiano della moda contro la strabordante egemonia parigina.
Le arti applicate: e fu amore a prima vista
In veste di gallerista accanto alle sue creazioni espone dipinti, sculture, ceramiche, vetri, lavori in ferro battuto, mosaici, arazzi e ricami di artisti impegnati nelle arti applicate, artisti che conosce e apprezza, con cui collabora e che vuole promuovere: da Duilio Cambellotti ad Alberto Gerardi, da Emanuele Cito di Filomarino a Vittorio Zecchin, da Antonio Maraini a Giovanni Prini, solo per citarne alcuni.
E dietro a questi artisti c’è un panorama artigianale italiano di grande qualità che consente la realizzazione dei loro progetti e disegni: la vetreria MVM Cappellin & C. di Murano, la Società italiana arte musiva di Venezia, la manifattura Vittorio Ferrari di Milano, i laboratori di ricami di Pia di Valmarana o quello di Nice Pasi a Spoleto, il mondo dell’Aemilia Ars e de Le Industrie Femminili Italiane, le scuole di Ceramica dirette da Cambellotti e Randone, il laboratorio di mobili di Witold Lovatelli, la Scuola Statale d’Arte del legno di Ortisei (Valgardena) per fare qualche nome.
Tutti testimoni di come l’artigianato italiano, già agli inizi del XX secolo, fosse un prodotto di eccellenza nazionale.
L’oblio e la rinascita: si riaccendono i riflettori…
Il tramonto della stagione creativa di Maria Monaci Gallenga iniziò presto: con la chiusura della Boutique italienne nel 1934 e il definitivo rientro in Italia comincia ad essere lentamente dimenticata: sino alla fine degli anni ’30 si dedicò essenzialmente all’arredamento di interni, quindi - con la guerra - si stabilì con la famiglia nella villa di Passignano, dove morì nel 1944.
Si sa che il tempo è galantuomo e piano piano le luci si riaccesero su di lei, facendola uscire dal cono d’ombra in cui era stata relegata.
È il mondo della moda, per primo, a riscoprirla con Karl Lagerfeld (1933) e Umberto Tirelli (1928-1992). Il primo trovò in un mercatino dell’usato una cappa che fece indossare alla stilista Anna Piaggi, riportando la Gallenga in passerella.
Negli anni Settanta Umberto Tirelli (1928-1992) famoso sarto teatrale, storico del costume e collezionista di abiti, “archeologo della moda”, come lui stesso amava definirsi - scoprì e acquistò il suo patrimonio creativo e più di settemila stampi per tessuti e il brevetto per riprodurli.
Nelle sue memorie racconta che - a un indirizzo di Via Ludovisi, nel retro di un locale riaperto per lui dal figlio della Gallenga - scovò un paradiso a sua misura ”… grandi armadi liberty con dentro una sfilza di pezzi sublimi. Il patrimonio consisteva in una cinquantina tra mantelli, vestiti e sciarpe da sera, qualche abat-jour e qualche copripianoforte, in una grossissima rimanenza di velluti e chiffon ancora perfetti di trama e di colori; nel brevetto del sistema di stampa e in settemila stampi di legno, parte scolpiti a mano e parte a traforo, di tutte le misure, da quelle di un centimetro a quelle di dieci metri a incastro: un’incredibile gamma di disegni (motivi romani, bizantini, Rinascimento, ispirati al pavimento del Duomo di Siena, art nouveau, art déco). Persi la testa. Un innamoramento da sentirsi male!”.
E con Tirelli Maria Monaci Gallenga ritornò a rivivere: l’acquisizione degli stampi e del brevetto permise al famoso sarto di realizzare costumi per alcuni fra i suoi spettacoli più felici, come le due edizioni del Simon Boccanegra degli anni ’70, come l’edizione di Giulietta e Romeo del Royal Ballett di Londra o l’edizione di un Orlando Furioso, con la regia di Luca Ronconi.
Negli anni ’80 la sigla Tirelli-Gallenga si è conquistata uno spazio anche nel campo della moda in una collaborazione con le Fendi per la produzione in numero limitato di borsette da sera di velluto in seta decorate con la “tecnica Gallenga”.
E parimenti negli stessi anni rinasceva l’interesse per lei anche in ambito scientifico: Mario Quesada (1941-1996) iniziò a coltivare un profondo interesse nei suoi confronti, negli anni successivi fiorirono gli studi di Gloria Raimondi, parlano di lei molte pubblicazioni sulla moda italiana edite anche di recente. E, seguendo questo iter di recupero di una personalità dimenticata, giungiamo ad oggi in cui la sua figura è del tutto rivalutata e il suo valore è pienamente riconosciuto nella raffinata mostra ancora in corso nella prestigiosa sede della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
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