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Dietro le quinte: i docenti precari delle Scuole d’Arte e dei Mestieri di Roma Capitale raccontano 24/11/2017 - Elena Paloscia

“Esperti, poi docenti, dal 2014 siamo diventati formatori esperti per vedere, nel corso di questi sedici anni, diverse tipologie di contratto, tutte precarie: a prestazione professionale, con partita iva, co.co.co., co.co.pro., a tempo determinato con budget, a tempo determinato senza budget, ecc…”

Abbiamo letto nei giorni scorsi le preoccupanti notizie relative ai corsi delle Scuole d’Arte e dei Mestieri di Roma Capitale che non riescono a partire per l’impossibilità di continuare a stipulare contratti precari.
Per conoscere più da vicino questa realtà, abbiamo rivolto alcune domande ad un campione di docenti (N. d. R. - ricordiamo che i precari sono 80 su 92) che versano in queste condizioni da oltre 15 anni ricoprendo a tutti gli effetti un ruolo analogo a quello dei docenti assunti e ad altri più giovani che auspicano una crescita in positivo delle scuole e non una lenta sparizione.

Identikit del docente delle Scuole d’Arte e dei Mestieri di Roma Capitale
Iperqualificati e spesso con una formazione pluridisciplinare, gli insegnanti delle Scuole d’Arte e dei Mestieri di Roma Capitale sono sottoposti ogni due anni a una rigida selezione in cui devono dimostrare di avere non solo i titoli formativi ma anche quelli professionali come docenti e come artisti. Hanno una formazione eterogenea, che nella maggior parte dei casi va oltre la specificità della disciplina che insegnano.
Ecco solo pochi esempi tra i molti: Rossella Canuti, docente di grafica con esperienza in casa editrice e in agenzie di comunicazione, è anche storica dell’arte specializzata con anni di collaborazioni con musei ed istituzioni pubbliche; Marco Castracane, docente e perito di restauro, insegna nelle Scuole di Arte e dei Mestieri dal 1997, plurilaureato e specializzato con un corso di giornalismo in Rai; Monica Cosimi, insegnante di Tecniche di Sartoria d'Alta Moda e specialista in tessili tradizionali orientali che, oltre all’Accademia l'Accademia d'Alta Moda e d'Arte del Costume, si è laureata in Lingue e civiltà orientali alla Sapienza. Con lei, nel 2015, è partito il corso ed è stato attivato l’insegnamento. Gabriella D’Anna, insegnante di mosaico, tecnico restauratore di mosaici d’arte e storica dell’arte, che come docente ha maturato esperienze anche in campo sociale con i detenuti di Rebibbia e con i Centri Diurni per pazienti psichiatrici nelle ASL di Roma; Federica Luzzi, laureata in Arti Decorative e Industriali, oltre ad aver frequentato i corsi della scuola di arti e mestieri, ha studiato sul campo apprendendo le tecniche più varie e complesse direttamente dagli artisti di molti paesi dell'Europa dell'Est e sperimenta soluzioni innovative nel tessile;
Laura Mocci, storica dell’arte specializzata e curatrice di mostre d’arte, ha collaborato con enti pubblici tra cui Ministero, Regione e Comune; Paola Ranfi, orafa, scultrice e docente da trent’anni, proprio nella scuola di Arti e mestieri si è formata negli anni ‘70 e si avvale di una lunga esperienza nelle aziende di bigiotteria di alta moda come Caracciolo, Mila Schon e Valentino e nel campo dell’oreficeria come design e prototipista; Osvaldo Tiberti, docente di oreficeria formatosi presso l’Accademia di Belle Arti e specializzato in scultura, ha seguito diversi corsi di formazione tra cui il “Corso Professionale Taglio di Gomme siliconiche Moderne, utilizzo per stampi di gioielleria”.

Un’involuzione programmata: da 3000 ore ai minicorsi di 150 ore
Tralasciando le questioni più tecniche relative alla situazione contrattuale, per le quali rimandiamo alla lunga e dettagliata intervista di
Radio Onda Rossa, riportiamo qui alcune testimonianze relative alla progressiva frammentazione dei corsi stabilita dall’amministrazione e sulle condizioni della scuola.
Dalle risposte dei docenti di lungo corso alla domanda “come è cambiata la situazione nel tempo?”, emerge una realtà che rivela come la vocazione della scuola, nata nel 1870, sia stata disattesa negli ultimi anni sia per quanto concerne la durata dei corsi che per la progressiva trascuratezza cui la struttura è andata incontro, con conseguenti problemi di ordine organizzativo, pratico e quindi anche formativo. Chi ha studiato lì, come Paola Ranfi negli anni ’70, ricorda che i corsi triennali di oreficeria duravano ben 3000 ore e che si usciva con una formazione completa e solida. Dalle 3000 siamo passati a un massimo di 900 ore per insegnamenti triennali, con una ulteriore suddivisione di corsi e orari che ha portato addirittura all’istituzione di minicorsi di 210 e 150 ore.
Questo avviene, come segnala Gabriella D’Anna - docente del primo laboratorio di mosaico aperto presso le Scuole d’arte e dei Mestieri del Comune di Roma - nonostante la crescita della richiesta di corsi con conseguenti difficoltà per gli insegnanti che devono mantenere alta la qualità e la continuità dell’offerta formativa.
Ma i problemi non si fermano qui, sono anche strutturali.
Molti docenti, tra cui Marco Castracane della scuola Zabaglia, lamentano la mancanza di materiali che gli studenti devono acquistare da soli. Identica situazione alla Scuola di Arti Ornamentali di via di S. Giacomo, secondo quanto afferma Osvaldo Tiberti: “la struttura lasciata a se stessa; laboratorio con attrezzature e macchinari vecchi di decenni, non funzionanti, mai riparati se non dal docente stesso, mai integrati con nuovi o altri; materiali e strumenti per la didattica mai forniti. Addirittura, neon delle lampade da banchetto rotte da anni, prese elettriche in corto circuito sigillate con scotch”. Conferma Paola Ranfi, che in quelle stesse aule insegna dal 2000, vedendo ridotte le ore da 1000 in due anni fino a giungere le attuali 460 (comprensive, oltre a quelle di laboratorio anche di un piccolo corso di storia del gioiello e di uno di disegno tecnico). “Io ed altri colleghi - afferma - siamo costretti a portare le nostre attrezzature per poter continuare ad insegnare. Anche la manutenzione, fondamentale per il laboratorio, nel tempo è ricaduta fra i doveri della docenza per una sistematica mancanza di personale”.
Parla di “discesa libera” Federica Luzzi, docente di Arazzo, che ricorda “Io stessa sono stata allieva in questa scuola quando il corso di arazzo, fondato nel 1983 e tenuto dal mio maestro, l'architetto Massimo Ridolfi, figlio dell'urbanista Mario Ridolfi, era triennale e la frequenza era tutti i pomeriggi dalle ore 16 alle ore 20. …Per iscrivermi feci una lunga fila che iniziava da Via del Corso, di notte. Appena subentrata come insegnante …è stato ridotto drasticamente il monte ore complessivo. E per la precarietà contrattuale è impossibile pianificare qualsiasi progetto e prospettiva. Eppure - ci racconta ancora - “Recentemente degli amici giapponesi fotografando alcune aule della Scuola San Giacomo hanno poi riportato e mostrato questi splendori alla Tama University di Tokyo…”

I punti di forza della scuola: perché tanti iscritti

Nonostante queste problematiche siano note da tempo, gli iscritti alle Scuole d’Arte e dei Mestieri di Roma Capitale sono sempre moltissimi. Le ragioni sono diverse: tutti i docenti confermano che, oltre all’accessibilità dei costi, che peraltro nel corso degli anni sono cresciuti, e alla praticità dell’orario pomeridiano, chi si iscrive è informato sulla qualità reale dei corsi e sulla preparazione teorica e tecnica peculiare che la scuola offre. In alcuni casi, come nel caso dell’oreficeria - sottolinea Paola Ranfi - la richiesta viene anche dalla mancanza di un’offerta formativa seria sul territorio. Come segnala Rossella Canuti, “chi si iscrive sa che il livello dell’offerta formativa dei nostri corsi è molto alto, come dimostrano le esposizioni di fine anno aperte al pubblico - unica vera vetrina di queste scuole”.
Un altro punto di forza - sottolinea Marco Castracane - è “la possibilità di collaborare col docente nel senso che qui non si insegna ex cathedra ma gli studenti sono coinvolti direttamente nella lezione…”

Chi sono gli allievi della Scuole d’Arte e dei Mestieri di Roma Capitale
Gli iscritti alle Scuole d’Arte e dei Mestieri sono eterogenei per età e formazione e sono più o meno qualificati a seconda dei corsi che frequentano. Sono in gran parte giovani ma non solo. Ci sono ragazzi provenienti dalle scuole superiori, laureati in Archeologia, Scienze dei Beni culturali, Storia dell’Arte, Accademia d’Arte, Architettura, Scienze della comunicazione, disoccupati, lavoratori e pensionati.
Tutti, secondo quanto raccontano i docenti, sono spinti, oltre che dalla curiosità e dalla passione, anche dal desiderio di implementare il proprio bagaglio culturale e di acquisire
 nuove conoscenze spendibili nel mondo del lavoro. Molti, specie in questi ultimi anni, sono gli adulti che hanno perso il lavoro e che cercano di reinventarsi un mestiere e di “ritrovare una propria identità lavorativa”, ci dice Paola Ranfi, altri ancora riprendono “i propri percorsi artistici abbandonati dopo essersi formati una famiglia”, spiega Federica Luzzi. Ci sono poi da segnalare le opportunità che la scuola offre rispetto ad altre, come ad esempio un’approfondita formazione che consente di essere preparati per affrontare le selezioni di scuole a numero chiuso come quelle di restauro.
Differenti anche le classi sociali: può accadere - come ricorda Osvaldo Tiberti - di avere in aula un principe libanese o la figlia di un orafo o, come è avvenuto recentemente, di fare lezione agli studenti della Luiss, con cui l’amministrazione capitolina  aveva stretto una convenzione.
Una pluralità, ci dicono gli insegnanti, che costituisce un ulteriore motivo di ricchezza della scuola e, come sostiene Gabriella D’Anna, “non può che favorire l’attuazione di una cittadinanza attiva e responsabile”.

Specializzarsi? Luci ed ombre
Al termine dei corsi la richiesta di poter completare la formazione è molto forte, anche in virtù della particolare offerta che per alcuni specifici insegnamenti è ancora scarsa sul territorio.

Se alcuni allievi - come ci racconta Federica Luzzi - si iscrivono dal principio contemporaneamente a  più corsi, come ad esempio “Arazzo, Tessitura e Macramè, per avere un quadro completo dei diversi tipi di telaio e delle varie possibilità tecnico espressive”, non sempre, come d'altronde avviene anche per gli altri insegnamenti, riescono a seguirli adeguatamente a causa non solo dell’impegno richiesto dalle singole discipline, ma anche per il sovrapporsi degli orari e dei corsi.
Di fatto, di fronte all’esigenza di approfondire entrano in gioco delle oggettive limitazioni che ci segnalano i docenti stessi.
Se infatti molti corsi, come quelli di grafica, di oreficeria o di alta moda, non possono essere seguiti per più di due anni, ne esistono altri che danno la possibilità di approfondire in campi affini: chi fa oreficeria, ad esempio, può poi scegliere incastonatura, cesello o sbalzo, ma anche questi non possono essere frequentati per oltre 2 anni e sappiamo bene quanto l’esperienza sia importante per acquisire abilità e sicurezza in mestieri che richiedono lunghi apprendistati.
Ci sono casi in cui, come per il corso di Storia dell’arte - spiega Laura Mocci - è possibile invece specializzarsi portando avanti progetti di ricerca o frequentare il corso di Cantiere di Restauro fuori dalla scuola, nato quest’anno e cui si iscrivono gli studenti più anziani, come racconta Marco Castracane.
Anche per l’Arazzo Federica Luzzi annuncia che, su sollecitazione degli studenti, “Per l'anno accademico 2017-2018 è prevista l'attivazione di un Corso di Specializzazione di 100 ore per chi abbia terminato il biennio”.

Arti e mestieri come opportunità: c’è chi ha trovato la propria strada
Una scuola che prepara gli studenti sia dal punto di vista teorico che pratico produce consapevolezza del proprio sapere e del proprio saper fare, fondamentali prerequisiti per proporsi nel mondo del lavoro o per avviare un’attività imprenditoriale. Ne sono esempi alcune testimonianze, nei ricordi dei docenti, di allievi che hanno avviato attività provando a realizzare i propri sogni, che sono entrati in aziende prestigiose o che sono riusciti a realizzare un progetto, anche piccolo, che avevano in mente da tempo.
C’è chi nel 2016 ha avviato una piccola attività - segnala Monica Cosimi - “Minù sartoria per bambini” e chi ha superato una selezione presso un’università di moda in Belgio grazie al progetto che aveva sviluppato durante il corso di Sartoria e Alta Moda.
"Un’allieva, grazie al corso di Illustrazione e Grafica editoriale, è riuscita ad accedere alla University of Brighton, un’altra è attiva alla Sapienza Università Editrice. Ho da poco ricevuto in dono un libro di fiabe pubblicato da un’allieva proprio quest’ultimo anno", ci racconta Rossella Canuti.
Alcuni - dice Osvaldo Tiburti - riescono ad accedere alle borse di studio, altri ancora sono entrati nell’Elenco Nazionale dei Restauratori o sono stati assunti in aziende del settore del mosaico.
C’è poi chi ha messo a frutto nella propria attività quanto appreso - ricorda Laura Mocci - un “restauratore diplomato ICR che, trovandosi a dover restaurare delle antiche vetrate, si iscrisse ai nostri corsi per imparare la tecnica”.
Paola Ranfi racconta di una donna architetto che, assecondando una passione giovanile, oggi collabora con una società di Ginevra per la progettazione e la realizzazione di gioielli d’alta oreficeria… e c’è anche chi - afferma Federica Luzzi - sviluppa grazie alla scuola le proprie attitudini artistiche riuscendo ad emergere, come “una giovane allieva il cui arazzo è stato di recente installato nella stazione Cavour della linea metropolitana di Roma”.

Una scuola unica nel suo genere
Alla domanda “quale pensi che sia il valore aggiunto di questa scuola?” i docenti sottolineano l’aspetto che coincide con la vocazione stessa della scuola, cioè la capacità programmatica “di unire la conoscenza artistica al fare artigiano”, come afferma Rossella Canuti, una ricetta sempre valida che anzi la proietta nel futuro poiché si tratta di “una didattica del coinvolgimento e non dell’imposizione concettuale” - secondo Castracane - oltre all’opportunità di svolgere anche “attività sul campo in accordo con le Sovrintendenze presso scavi archeologici e siti di interesse storico-artistico-monumentale”
Dell’innovazione nel segno della tradizione parla anche Gabriella D’Anna, “trasmettendo la conoscenza di saperi antichi, le Scuole di Arti e Mestieri affermano il valore profondamente educativo e formativo di tale nostro patrimonio culturale, senza trascurare le innumerevoli potenzialità creative moderne e innovative che la conoscenza e rielaborazione di tecniche tradizionali possono promuovere”.
La capacità di trasformare il ruolo dell’artigiano da “mero esecutore” in artigiano-artista-designer consapevole della propria potenzialità di essere propulsore di idee, creatività e cultura è comune a tutti gli insegnamenti perché moltissimi docenti portano avanti, parallelamente agli aspetti tecnici e progettuali, anche un discorso di ricerca artistica personale trasferendo poi ai propri allievi conoscenze, metodi e passione.
Qui si cerca, ci dicono, quello che non si trova in altri istituiti in termini di competenze, ma anche in termini di capacità progettuale e di ricerca sul campo di nuovi linguaggi, come ci spiega ad esempio Federica Luzzi, legati, nel suo caso, alla specificità del tessuto e alla “sperimentazione nell'uso non convenzionale di alcuni materiali”.

Come conservare e preservare questa preziosa identità?
Considerate le potenzialità espresse dalle Scuole d’Arte e dei Mestieri di Roma Capitale che, proprio perché, come sottolinea Laura Mocci, “sono l’esatto contrario dei diplomifici”, vengono già riconosciute dagli studenti che continuano ad iscriversi nonostante i numerosi problemi, abbiamo chiesto ai docenti cosa dovrebbe essere migliorato. Ci accorgiamo che la loro attenzione va innanzi tutto proprio agli studenti, che meritano un riconoscimento che non sia solo l’attuale attestato di frequenza, ma un vero e proprio titolo di studio riconosciuto secondo le direttive della Comunità Europea. Questo però, sottolineano ancora i docenti, sarà possibile solo se si accolgono e si portano avanti le necessarie modifiche dell’offerta formativa restituendole la dignità che aveva, ovvero ripristinando un monte ore adeguato.
Dal punto di vista logistico la razionalizzazione degli orari e degli spazi certamente è un altro dei punti dolenti, tra cui si annovera anche la “mancanza di personale di segreteria negli istituti stessi”.
Non solo critiche, ma sono molte le proposte che emergono dalle voci di chi “vive” la scuola da tanti anni, maturate anche sulla base di quanto emerso dal confronto quotidiano con gli allievi. Sul piano didattico, ad esempio, Rossella Canuti auspica la possibilità di attivare e sviluppare progetti interdisciplinari. Scambio e confronto dunque, ci dice anche Paola Ranfi, attraverso mostre, colloqui, seminari, aggiornamenti, mantenendo libero l’accesso a tutte le classi sociali. Federica Luzzi sottolinea il fatto che le scuole non abbiano ancora oggi, nell’era del web, un'adeguata visibilità con un proprio spazio online che sia efficace e competitivo” e sottolinea, inoltre, la necessità di valorizzare quanto la scuola possiede come, ad esempio, i “grandi e possenti telai ad alto liccio e verticali in legno progettati su modello di quelli francesi usati nella Scuola dei Gobelins di Parigi”, attualmente collocati nella parte interna di una sala con vetrina su strada (non ancora consegnata) e dunque non visibili.

Ipotesi di sostenibilità per un’offerta formativa pubblica

Dalle risposte alla domanda “Pensi che esista un’ipotesi di sostenibilità per docenti e allievi che consenta al Comune di riuscire a creare posti di lavoro stabili ed un’offerta competitiva che continui a sostenere e a offrire accesso a tutte le classi sociali?” emerge l’esigenza, oltre che di una ristrutturazione interna, anche di adeguarsi a standard moderni in cui si creino relazioni reciproche con altri enti territoriali, nazionali e internazionali e con il mondo del lavoro e dell’impresa.
Marco Castracane fa presente come altre realtà simili abbiano affrontato in Italia la questione: “c’é l’esempio delle Scuole Storiche Milanesi che hanno creato un Consorzio e una programmazione delle materie dei corsi con la Camera di Commercio, i sindacati dell’artigianato. Nel Lazio la Regione ha licenziato una legge sulla formazione dell’artigianato artistico. Propongo accordi con la Formazione Professionale Regionale e con l’Università per far svolgere alcune materie o parti di esse presso le Scuole di Arte e dei Mestieri”. Per mantenere un’identità forte tuttavia è necessario agire con consapevolezza e spirito critico - sottolinea Rossella Canuti - e non appiattirsi su modelli “internazionali” dimenticando “esigenze peculiari di un Paese o di una città come Roma che ha tradizioni artistiche antichissime”.
Sembra sia assolutamente necessaria dunque “una riforma d’ampio respiro” ci dice Laura Mocci, che permetterebbe alle Scuole d’Arte e dei Mestieri di Roma Capitale di diventare un “punto di riferimento all’avanguardia, oltre che un volano, nella promozione e valorizzazione di competenze preziose altrimenti a rischio di estinzione”.

 


 

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Elena Paloscia
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