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Murrina vasa: un rebus finalmente risolto 10/04/2017 - Anna Maria Di Stefano

L'ENIGMA DELLA MURRHA

Quale era effettivamente la natura della murrha? Stiamo parlando del materiale di cui erano fatti i preziosissimi, costosissimi vasi e le varie suppellettili tanto apprezzate nella Roma imperiale da costituire un lusso vero e proprio, l’ostentazione di una ricchezza esagerata, l’emblema di uno status symbol. Di una sostanza ammantata da un velo di mistero di cui abbiamo notizia già nelle fonti classiche e che, nei secoli successivi, è stata al centro di accesi dibattiti.
Dario Del Bufalo - architetto, esperto di materiali lapidei, antichità classiche, marmi colorati antichi, glittica e topografia antica - per porre fine alla vexata quaestio si è avventurato con pazienza certosina, con procedimenti quasi da detective in un intricato labirinto di supposizioni ed ipotesi, certezze e confutazioni. Ha attraversato secoli e territori, passando al vaglio critico, filologico e comparativo i molti testi prodotti dall’antichità ad oggi, confrontando e repertoriando un corpus di più di trecento esemplari, quasi tutti integri, conservati nelle collezioni pubbliche e private di tutto il mondo.
La conclusione chiara e inconfutabile a cui è giunto - suffragata da tutti i riscontri storici, filologici e tecnici necessari - è presentata nel volume Murrina Vasa. A luxury of imperial Rome, edito dall’«Erma» di Bretscheider. L’opera ha il duplice merito di mettere fine a un’annosa questione e di presentare il più ricco corpus iconografico di murrina suppellex mai messo insieme sino ad ora.

Il testo inizia con una panoramica dei classici latini di riferimento fra cui Properzio, Seneca, Suetonio, Marziale, Giovenale. La testimonianza più completa - però - è quella di Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) che - nel XXXVII libro della Naturalis Historia (37, 21-22) - dà una descrizione estesa e completa delle caratteristiche del materiale di cui erano fatti i vasa murrina: «Ad avere valore è la varietà dei colori… come quelli che si osservano nell’arcobaleno…. Ad altri, poi, piacciono le venature dense… come anche i granuli e le verruche…».

Dalle fonti apprendiamo che la moda della murrina fu introdotta a Roma da Pompeo Magno (106-29 a.C.) dopo la conquista del Ponto (1) e Suetonio racconta che Ottaviano Augusto alla presa di Alessandria tenne per sé una sola coppa murrina, tanto grande doveva essere il suo valore! (2); sappiamo, ancora, che in nome della murrina si compirono vere e proprio follie e stravaganze: l’arbiter elegantiarum Tito Petronio distrusse un mestolo da vino murrino (trulla o simpulum) valutabile sino a 300.000 sesterzi pur di evitare che Nerone se ne appropriasse e Nerone acquistò una tazza dello stesso materiale per un milione i sesterzi. (3)
Un’ulteriore testimonianza del suo valore (4) viene anche dagli scavi di Ercolano: una coppia in fuga dall’eruzione del Vesuvio porta con sé le cose più preziose: il figlioletto, i gioielli, e una coppa murrina.

Segue una rassegna delle opere in cui studiosi e antiquari (di cui l’autore ha riportato ogni singola opinione) si sono cimentati nel corso degli ultimi cinque secoli per identificare la natura materiale della murrina. Da Giulio Cesare Scaligero (1484-1558) a Giorgio Agricola (1494-1555), a Girolamo Cardano (1501-1576), a Michele Mercati (1541-1593), al Cardinale Cesare Baronio (1538-1607), a Ignazio Paternò Castello (1719-1786), all’avvocato appassionato litologo Faustino Corsi (1771-1848) sino agli studi più recenti del secolo scorso di A. I. Loewental e D.B. Harden la misteriosa materia è stata via via identificata col marmo, l'alabastro, il vetro, la porcellana, la conchiglia, l’ambra, la mirra, il diaspro, la fluorite e molto altro ancora. La tesi più comunemente accettata che identificava la misteriosa materia con la fluorite fu, però, confutata con determinazione da Raniero Gnoli in Marmora romana (5). Lo studioso (orientalista ed esperto di cultura greco-romana) avanzò per primo l’ipotesi che si trattasse di agata bruna sottoposta a una complessa lavorazione.

Dario Del Bufalo - discepolo e amico di Gnoli - riprende in questo volume il tema che non era stato più affrontato dal suo maestro e finalmente chiarisce la vera natura della murrha e il significato del corrispondente aggettivo murrinus. «Da un seme gettato è cresciuto un albero prosperoso», osserva Gnoli nella prefazione al volume sulle cui conclusioni concorda appieno.
Secondo l’autore è inconfutabile che la murrha provenga dall’Oriente e che sia una pietra naturale.
Per identificarla è fondamentale lo studio etimologico dell’aggettivo murrinus attribuito generalmente a vasa o pocula. Il tema è attestato sia nelle lingue indoiraniche in particolare che in quelle indoeuropee in generale (6) nel senso primo di “sigillo”. «L’aggettivo latino murrinus dovrebbe quindi avere il significato originario di “pietra dei sigilli”, e la pietra dura di cui erano fatti i sigilli in area indoiranica (e babilonese) era appunto l’agata…» (7) Un tipo di agata “speciale” sottoposta a trattamenti particolari quali la cottura «nel miele, resine ed acidi per renderne più intenso il colore», come aveva già rilevato Raniero Gnoli. (8) Molto verisimilmente si tratta proprio di “agata bandata”, che tra “le pietre dei sigilli” di area Persiana era molto apprezzata perché dava elevatissimi risultati di pregio estetico se sottoposta a determinati tipi di lavorazione: con la cottura nel caramello di miele gli strati da cui è composta assorbono diverse quantità di colorante che danno vita a svariatissime venature policrome.

Era lungo l’iter di trasformazione dell’agata bandata in murrina suppellex, puntualmente descritto dall’autore. Del Bufalo continua l’avvincente racconto osservando che la prassi della cottura dell’agata nell’area gravitante sull’Oceano Indiano è attestata non solo nei classici (Plinio, Properzio) (9) ma anche dallo scienziato, storico e poligrafo Al-Biruni (973-1048) (10).
Secondo la sua testimonianza l’estrazione dei geodi (11) di agata avveniva in India, nella zona di Barygaza (attuale Broach) importante porto commerciale che si affacciava sul golfo di Khambht. Dopo essere stato sottoposto a una prima cottura, che ne migliorava le qualità cromatiche, il pezzo giungeva in Carmania, tramite le rotte commerciali. Qui era sgrossato e tornito, ben levigato e sottoposto alla tintura a caldo nel caramello di miele. Tinto e semilavorato raggiungeva, poi, il Mediterraneo greco-romano dove veniva scolpito dai maestri di scuola ellenistica per arrivare finalmente sui grandi mercati occidentali di lusso. «Tutto questo basterebbe già da sé a rendere ragione dell’altissimo prezzo di questi manufatti nel mondo romano» osserva Del Bufalo (12). Senza contare, poi, che la loro preziosità e il costo elevato erano dovuti anche alla loro fragilità direttamente proporzionale alla durezza. (13) A riprova di quanto esposto frammenti e oggetti di agata murrina sono stati rinvenuti in tutti i principali siti archeologici tra il Mediterraneo e l’Estremo Oriente, lungo la cosiddetta “via delle pietre preziose”.

Chiusa una volta per tutte la vexata quaestio il saggio continua dedicando un’attenzione particolare a un esemplare veramente eccezionale fra i murrina vasa: la celebre Tazza Farnese, un capolavoro delle arti applicate di tutti i tempi di valore inestimabile (oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli), di cui Del Bufalo ricostruisce la rocambolesca storia dandone un’accurata descrizione. Gli intarsi “a cammeo” nella faccia interna celebrano la gloria dei Tolomei in quella esterna raffigurano una testa di Medusa perfettamente in asse con la prima. Fatto singolare, quest’ultimo, per un oggetto prevalentemente dall’uso orizzontale salvo che la Medusa non abbia una funzione apotropaica per neutralizzare le invidie che si potevano scatenate contro il possessore della coppa mentre beveva il vino!
Del Bufalo ipotizza che possa trattarsi addirittura della tazza murrina presa “a titolo privato” da Ottaviano Augusto ad Alessandria e forse della stessa coppa acquistata da Nerone per un milione di sesterzi. Ironia della sorte! Giunta integra sino a noi fra vicissitudini quasi romanzesche e incredibili peripezie senza mai subire l’interro archeologico fu frantumata in dodici pezzi nel 1925 proprio nel museo che era diventato la sua sede definitiva dall’atto inconsulto di un custode. Solo interventi esperti di restauro ce l’hanno restituita nella sua incomparabile bellezza!
E si giunge così al termine del volume: «…la Tazza Farnese è la rappresentazione tangibile della seduzione e delle sfide proposte dal rebus della murrina. Un rebus che crediamo qui definitivamente risolto», conclude Del Bufalo (14).

IL VOLUME

In sintesi questo il contenuto del volume Murrina Vasa nella sua strabiliante novità scientifica. Il formato grande, la copertina rigida, le numerosissime illustrazioni, la carta di qualità e grammatura considerevole, il carattere e la spaziatura delle lettere, ne fanno un prodotto di pregio che - per gli amanti del “libro stampato” - è un piacere sfogliare ed avere nella propria libreria. Per gli appassionati della tecnologia, invece, è disponibile anche la versione digitale.
Notevole l’aspetto iconografico già segnalato: il repertorio di più di trecento pezzi, fra oggetti integri e frammenti testimonia l’articolata storia dei murrina vasa. In proporzione sono pochi i reperti di scavo visto che gli esemplari - in considerazione del loro valore - sono giunti sino a noi passando di “mano in mano” attraverso imperatori, re, magnati, avventurieri, generali per eredità, bottini di guerra, vendite, doti.
Il corpus degli oggetti repertoriati - presentato in un democratico ordine alfabetico secondo i Paesi di appartenenza - spazia dall’Afghanistan agli USA.
La collazione e l’analisi di tanti esemplari così numerosi e disseminati nello spazio e nel tempo è un’ulteriore testimonianza della capillarità dello studio mentre le accurate didascalie - completate dalle relative citazione bibliografiche - ne ricostruiscono spesso la storia.
Completa il volume un’Appendice illustrata di vasi di vetro che imitano la murrina.
Alla base di questa nuova impresa de L’«Erma» di Bretschneider c’è un’interessante operazione di marketing: il volume è stato edito direttamente in inglese (con testi in italiano) per una maggiore visibilità internazionale.

Murrina Vasa è stato presentato a Roma da “Bertolami Fine Arts” (Palazzo Caetani Lovatelli) da un appassionato e appassionante Dario Del Bufalo che ha coinvolto il pubblico ripercorrendone e illustrandone i contenuti step by step con esaurienti immagini e da Vittorio Sgarbi che - oltre a parole di apprezzamento sull’opera - ha tracciato un profilo dell’autore quale irruente studioso non conformista, dedito sempre alla ricerca e alla tutela di “testimoni del tempo”.

Note
1) Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, 37, 13-18.
2) Suetonio, Vita Augusti, 71: "… cum et Alexandria capta nihil sibi praeter unum murrinum calicem ex instrumento regio retinuerit…").
3) Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, 37, 20).
4) valore molto maggiore di quello dell’oro che, secondo Plinio, in una classifica dei materiali risulterebbe appena decimo (Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, 37, 204).
5) R. Gnoli, Marmora romana, I° ed., 1971 p. 197, II° ed.,1988, pp. 230-231.
6) v. ad es. sanscrito mudrā, medio iranico muhr, neopersiano mohr, indi muhur, albanese myhyr.
7) D. Del Bufalo, Murrina Vasa, p. 160.
8) R. Gnoli, Marmora romana, 1988, p. 231, nota 2.
9) Plinio, Naturalis Historia, XXXVII, 194, 195; Properzio, Elegie, IV, 5, 26: “murreaque in Parthis pocula cocta focis”.
10) H. M. Said, Kitab al-Jawahir (Libro sulle pietre preziose), Pakistan Historical Society, 2001.
11) piccoli massi di forma globulare di vari tipi di agata.
12) D. Del Bufalo, op. cit., p.172.
13) Seneca, Epistole, 123, 7.5.
14) D. Del Bufalo, op. cit., p. 182.

Dario Del Bufalo
Laureato in architettura (1987, Università di Roma La Sapienza), ha effettuato col prof. Raniero Gnoli molte campagne di scavo e di survey in tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Ha insegnato "Storia delle tecniche architettoniche e dei materiali antichi" nella Facoltà di Beni Culturali dell’Università di Lecce (1998-2007). Nel 2006 è stato Presidente dell’ "Università dei Marmorari di Roma", in occasione del VI Centenario della sua fondazione.
Autore di importanti pubblicazioni (di cui, fra le più recenti: Murrina Vasa, Porphyry, Marmorari Magistri Romani) cura anche la rubrica Bufale Archeologiche per Il 'Giornale dell’Arte'.

Scheda tecnica Volume
Titolo: Murrina Vasa. A luxury of Imperial Rome
Autore: Dario Del Bufalo
Edizione: «L’Erma» di Bretschneider. Collana “Bibliotheca Archaeologica”
Anno: Roma 2016
Pagine: 210 - 70 ill. b/n e 350 ill. col.
Lingua: inglese con testi in italiano

 

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Anna Maria Di Stefano
01/01/2018
Esperta di discipline biblioteconomiche e di information retrival. Dopo la laurea in Lettere (Roma, Università degli Studi “La Sapienza”) ha conseguito il Diploma di Specializzazione di Paleograf [...]
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